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Plastica: come smaltirla e riciclarla correttamente

La plastica è una sostanza organica, derivata da processi di sintesi. Chimicamente può essere definita…

La plastica è una sostanza organica, derivata da processi di sintesi. Chimicamente può essere definita come un insieme di polimeri legati tra loro, i quali sono costituiti da unità molecolari chiamate monomeri. Ad alta temperatura queste molecole assumono le caratteristiche di un fluido, facendo sì che possano essere modellate; a temperatura ambiente, ritornano a una forma solida. La produzione di plastica e il relativo consumo sono cresciuti in maniera esponenziale a partire dal 1950, ed entrambi sono destinati a crescere nel corso dei prossimi anni. Per questo motivo, a livello normativo, sono state stabilite delle regole per facilitare lo smaltimento di rifiuti plastici, attraverso l’adozione di codici internazionali relativi al riciclaggio, e sono stati ideati dei simboli per distinguere i diversi tipi di materiale: la Commissione Europea ha stabilito che la plastica debba essere indicata con un triangolo di frecce, che può significare sia che l’imballaggio è riciclabile, sia che parte del materiale è stato riciclato. All’interno di questo simbolo, si trovano delle sigle che vanno a identificare quelli che sono i vari tipi di plastica e il contenitore in cui devono essere smaltiti.

Tipologie di plastica

Abbiamo detto che esistono alcune sigle che consentono di distinguere le diverse tipologie di plastica. La prima grande separazione da compiere è quella tra plastica riciclabile e non riciclabile. Le plastiche riciclabili sono le seguenti: il PET è una classe di plastica che è stata progettata per essere utilizzata una volta sola, questo perché in caso di elevate temperature rilascia delle sostanze chimiche che potrebbero contaminare il prodotto contenuto al suo interno. Viene utilizzata soprattutto per fabbricare bottiglie di plastica. Il suo recupero e il suo smaltimento vengono resi difficili a causa della sua densità, superiore a quella dell’acqua di mare, che la porta ad affondare facilmente. Il PVC invece, viene usato per produrre tovaglie di plastica o vaschette per imballare gli alimenti. Per rendere questa plastica resistente e flessibile, si fa ricorso a sostanze nocive come i ftalati. Nella categoria delle plastiche riciclabili troviamo il PE-LD, plastica considerata sicura in quanto composta da ossigeno e carbonio, ed è per questo motivo che viene sfruttata per la realizzazione di giocattoli. I flaconi per detersivi invece, vengono realizzati con plastica di tipo PP. La classe in questo momento più inquinante è contrassegnata dalla sigla PS, individuabile nei piatti di plastica e nei contenitori per uova, a causa dello stirene che può migrare facilmente negli alimenti.

Tra le plastiche non riciclabili, quelle considerate più pericolose sia per l’uomo che per l’ambiente, ricordiamo quelle che si usano per produrre gli scontrini.

Il processo di riciclo della plastica

Il motivo principale per cui è così importante il processo di smaltimento plastica, è che si tratta di un materiale a lenta degradabilità: il tempo necessario per dissolversi completamente va dai 100 ai 1000 anni.

La prima fase viene compiuta da tutti i cittadini e consiste nella raccolta differenziata: tutti i materiali accumulati, andranno poi distribuiti negli impianti di selezione e trattamento. Durante la selezione si separa la plastica dalle altre impurità, per poi esser suddivisa in base al tipo di polimero che la compone. Si passa poi alla fase di riciclaggio vera e propria, che può essere di due tipi: il procedimento di tipo meccanico è il più comune, si caratterizza per uno sminuzzamento della plastica da riutilizzare, per la produzione di nuovi oggetti. Vi sono macchinari che selezionano automaticamente il materiale, attraverso delle onde elettromagnetiche che permettono di riconoscere i polimeri che compongono la plastica. Dopodiché questa viene risucchiata da soffiatori ad aria compressa e viene raggruppata insieme ai suoi omologhi, per poi essere frantumata e triturata, passando poi per la densificazione e l’estrusione.

Il procedimento chimico invece, comporta lo spezzamento dei legami chimici presenti nelle molecole della plastica, per arrivare a riottenere i monomeri, considerate le materie prime di partenza. Si compie così un processo inverso rispetto a quello che avviene durante la produzione della materia plastica stessa. L’obiettivo cardine è quello di produrre meno CO2, creando combustibili alternativi a quelli di origine fossile.

Qualunque processo venga scelto, quello che si otterrà, se si seguiranno in maniera efficiente i passaggi precedenti, sarà una materia prima da reimpiegare. Qualora si decidesse di trattare diversi tipi di plastica insieme, si avrà a disposizione un miscuglio eterogeneo da investire per la produzione di arredi o opere pubbliche urbane. I residui che non vengono riutilizzati, possono essere adoperati per la produzione di energia.

Emergenza plastica: la situazione a livello globale

Smaltire la plastica è uno step fondamentale per ridurre quella che viene identificata come una vera e propria emergenza globale, causata sia dall’errato procedimento di smaltimento, dovuto alla crescita smisurata della produzione e del consumo di questo materiale, sia da comportamenti scorretti adottati dall’intera popolazione nell’uso incontenibile di quelli che vengono definiti prodotti usa e getta. La plastica è il terzo materiale umano più diffuso sul pianeta: la produzione mondiale viene calcolata attualmente intorno ai 310 milioni di tonnellate, di questa quantità è stimato che 8 milioni finiscono negli oceani ogni anno.