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Stefano Dal Corso, il supertestimone: “Ucciso in carcere per aver assistito a un rapporto sessuale tra due agenti”

Stefano dal Corso, cosa ha raccontato il supertestimone alla sorella
Stefano dal Corso, cosa ha raccontato il supertestimone alla sorella (DepositPhotos) – CronacaLive.it

La nuova testimonianza raccolta da Marisa Dal Corso sembra smentire definitivamente l’ipotesi del suicidio in carcere del fratello.

La speranza è che la nuova testimonianza raccolta da Marisa dal Corso sulla morte del fratello Stefano nel carcere di Oristano, possa finalmente convincere i magistrati a disporre un’autopsia sul corpo del 42enne.

Fino ad adesso infatti gli avvocati della famiglia hanno presentato ben otto richieste affinchè si potesse riesumare il cadavere di Dal Corso e fare un’autopsia, che però sono state puntualmente negate dai magistrati. Il caso sembrava definitivamente chiuso, nonostante la famiglia non abbia mai creduto all’ipotesi del suicidio.

Poi come ha raccontato Marisa Dal Corso in questi giorni, è arrivata la svolta: “Sono stata contatta via mail da questo agente mi ha detto che voleva parlare della morte di mio fratello. L’agente lavorava esternamente al carcere, ma poteva accedere. Mi ha detto che Stefano è stato picchiato a sangue da cinque agenti e poi ucciso perché la situazione è sfuggita di mano”.

Questo agente penitenziario rimasto anonimo avrebbe inoltre raccontato alla dal Corso anche il motivo per cui il fratello era rimasto vittima di questo barbaro omicidio. Il giorno della sua morte, Stefano Dal Corso sarebbe entrato in infermiera per prendere alcuni farmaci di cui aveva bisogno, e avrebbe sorpreso due agenti del carcere intenti a consumare un rapporto sessuale.

Da quel momento in poi la situazione è degenerata e i due avrebbero iniziato a picchiarlo con il manganello fino a causare la morte.

Da quel momento, è iniziata un’operazione di depistaggio che li ha anche portati, racconta questo supertestimone, a colpire l’uomo con la spranga al collo per simulare la rottura dell’osso del collo, utile a inscenare successivamente il suicidio, e cambiargli i vestiti, utilizzando alcuni vestiti che erano in carcere messi a disposizione dalla Caritas.